LA PRIMA (E UNICA) VOLTA … … DELLA SECONDA VOLTA

Ritratto di CONTE.SERGIO

LA PRIMA (E UNICA) VOLTA … … DELLA SECONDA VOLTA.

Correva l’anno 1979… Nel mondo succede che in Persia (l’attuale Iran) lo scià Reza Pahlevi dopo mesi di tumulti popolari è costretto all’esilio; a Catanzaro si conclude il processo per la strage di Piazza Fontana con l’ergastolo per Freda e Ventura; Andreotti forma il suo 5° Governo mentre Margareth Thatcher va ad occupare – prima donna – il posto di Primo Ministro Britannico; Jody Scheckter conquista alla guida della Ferrari il titolo di campione del Mondo piloti ….Succede anche che il 12 Dicembre in Val Gardena si disputa  sulla famosissima pista “Saslong” la classica discesa libera valevole come prova di Coppa del Mondo di Sci. Questa edizione passerà alla storia per essere stata l’unica gara ripetuta a causa di un “black out” del cronometraggio.

    Ma veniamo ai fatti, anzi all’antefatto, per dire che il Comitato Organizzatore anziché ai “colossi” svizzeri Omega e Longines affidò il cronometraggio alla LSE Timing, una Ditta non solo italiana, ma addirittura della Val Gardena. La LSE Timing, pressoché sconosciuta, era riuscita a scardinare l’egemonia elvetica grazie ad una sua (allora) sofisticata apparecchiatura progettata e realizzata da Sergio Leonardi, fondatore e proprietario della LSE Timing. Il cronometro si chiamava μP33 e a quei tempi era una delle pochissime apparecchiature in grado di elaborare direttamente il tempo netto del concorrente. Anche la nostra Federazione la adottò, dopo che i cronometristi di Bolzano ne verificarono la validità.

    Questa indubbia peculiarità, aggiunta al fatto di giocare in casa dello staff organizzativo capeggiato da Erich Demetz (già allora fra i massimi dirigenti della FIS), spalancò alla squadra di Sergio Leonardi le porte del ristrettissimo clan dei cronometristi ufficiali delle gare di Coppa del Mondo, sino ad allora praticamente monopolizzato dagli Svizzeri. A quella gara intervennero, seppure come supporto tecnico, anche cronometristi ufficiali della Segreteria di Bolzano (allora così si chiamavano le Associazioni) che quindi sono testimoni oculari dell’accaduto. Mario Stegher, l’attuale Presidente bolzanino della FICr era uno di questi, e a tale proposito così racconta: ”Da allora sono passati più di trent’anni ma mi ricordo ancora tutto di quell’episodio, che seppure non direttamente coinvolti mi ha lasciato un solco profondo, che tutt’ora pesa come una delle cose meno liete della mia carriera di cronometrista. Certamente quando sarò vecchio e avrò riposto il cronometro nel cassetto dei ricordi difficilmente racconterò questa storia ai miei nipotini. Ero cronometrista solo da qualche anno – racconta ancora Mario Stegher- e il fatto di aver avuto l’opportunità di far parte seppure marginalmente dell’équipe di cronometraggio di una gara così importante mi aveva riempito d’orgoglio. Ricordo che quando misi piede all’interno della cabina di cronometraggio mi sembrava di entrare in un Tempio sacro. Roba da far tremare le vene e i polsi, anche se i tecnici dell’LSE noi li conoscevamo bene. Poi la gara parti ma poco dopo…altro che brividi!”. E per sapere cos’era successo diamo la parola al giornalista Franco Melchiori l’inviato del quotidiano locale “Alto Adige”. “L’orologio è esploso esattamente alle ore 12 e 10 minuti proprio mentre era in pista il nostro alfiere Herbert Plank, giusto per movimentare la scena anche se non se ne sentiva il bisogno. E’ stato un “tilt” in piena regola che ha spento il tabellone elettronico dei tempi. Così non si sapeva nulla di Plank, mentre dopo di lui scendevano “al buio” anche Erik Håker e Peter Wirnsberger. Sgomento ed interruzione della gara. “Eh si -torna a dire Mario Stegher- più che sgomento in cabina era scesa un’atmosfera cupa e paralizzante che pesava come una cappa di piombo. Il tilt dalle macchine era passato immediatamente ai cronometristi, che adesso sembravano statue di sale, incapaci di prendere qualsiasi decisione, anche perché già era piombato in cabina il Giudice Arbitro, l’austriaco Tony Kaegl con la “sua” decisione, che era chiarissima e perentoria: fermi tutti, anche gli orologi! “. Poi La prima cosa che fece la Giuria –racconta sempre Mario Stegher- fu di estrapolare i nostri tempi manuali relativi ai concorrenti scesi “al buio”: Credibili quelli di Plank e Wirnsberger (attorno ai 2.11) ma decisamente eccezionale quello di Håker, con quel 2.09,60, ben al di sotto del miglior tempo elettrico fatto registrare sino a quel momento (2.10.72 di Peter Mueller). E fu qui che iniziarono i dubbi se non i sospetti, soprattutto perché il tempo di Håker, sino ad allora mai vincitore di una Discesa Libera con quel secondo abbondante inflitto al “mostro sacro” Mueller a giudizio della Giuria puzzava lontano un miglio.

   Seguì poi una lunga discussione, dove ognuno disse la sua, sino ad arrivare alla decisione di ripetere la gara con orario d’inizio alle ore 14. 

   Ma in pratica che cosa aveva determinato il “black-out”? Qualcuno parlava di sabotaggio, qualcun altro di guasto tecnico. La comunicazione ufficiale toccò a Erich Demetz nella sua qualità di responsabile del C.O. il quale affermò di non saper dare una motivazione tecnica dell’accaduto, anche perché –secondo quanto da lui dichiarato- oltre che alle 3 linee di cronometraggio indipendenti “saltarono” contemporaneamente anche i collegamenti audio-video di una telecamera RAI. Il che potrebbe ipotizzare un “sovraccarico” eccessivo di tali linee. Sin qui la versione ufficiale. Anche i responsabili tecnici della LSE non seppero (o non vollero) fornire spiegazioni plausibili dell’accaduto vagheggiando anche loro “cause esterne” dovute forse a interferenze radio di qualche elicottero che sorvolava la zona di gara. Mancava solo che la colpa fosse data agli UFO, come qualcuno disse ironicamente ma non più di tanto.  Fatto sta che sembrava che ognuno facesse a gara nell’arrampicarsi più in alto sugli specchi.

  Ogni volta che con Mario torni sull’argomento per avere da lui una spiegazione più plausibile essendo testimone oculare e quindi “persona informata dei fatti” come si è usi dire adesso, molto diplomaticamente ti risponde che non spetta a lui esprimere giudizi sull’operato altrui, e che, per quanto gli riguardava poteva solo garantire che i tempi manuali curati dalla FICr erano stati rilevati correttamente. Prova ne sia che la ripetizione del pomeriggio diede ampiamente ragione sulla veridicità dei tempi manuali del mattino, in primis su quello di Hacker cui tanti dubbi aveva sollevato. Infatti nel “replay” Erik Haker in una gara svoltasi senza intoppi con il cronometraggio elettrico perfettamente funzionante dall’inizio alla fine si confermò ai vertici della classifica infliggendo al secondo arrivato, guarda caso proprio il “fenomeno” Peter Mueller di cui sopra, un secondo abbondante di distacco, così come i nostri manuali avevano documentato. Per la precisione 1,12 secondi contro 1,26. Evidentemente quel giorno Haker era in stato di grazia e si dimostrò superiore oltre che ai suoi avversari anche ai seminatori di scetticismo.

  Ma la gara poteva essere ripetuta? A stretto rigor di regolamento no, perché in questi casi il vangelo recita che i tempi manuali si dovrebbero correggere algebricamente in ragione della media scaturita dalle differenze fra l’elettrico e il manuale dei 5 tempi prima e 5 tempi dopo quello o quelli mancanti, e soprattutto tenere validi i tempi manuali corretti per tutti i concorrenti. Ma qui, a parte che la gara era stata interrotta dal Giudice Arbitro, c’era il fatto che come già detto al tempo manuale di Hacker nessuno aveva dato credito. Ed è stata in base a questa supposizione, rivelatasi poi ingiustificata che la Giuria ha deciso, cosa mai successa, di far ripetere la gara. Sentiamo cosa disse in proposito Franco Melchiori sul giornale “Alto Adige”: “…Un contrattempo spiacevole, ma il regolamento internazionale delle gare alpine non prevede affatto che una gara in questo caso sia annullata. Anzi. Dice testualmente all’art.614-4 … … (omissis, vedi il sistema correttivo di cui sopra )…Perché la Giuria ha deciso altrimenti? Per due motivi: Primo perché, quando è successa l’interruzione i cronometristi hanno sospeso la gara e non avrebbero potuto farlo (cosa non corrispondente al vero come testimoniato dal nostro Mario Stegher); secondo per una convinzione, discutibile fin che si vuole, ma tale e umanamente comprensibile: siccome si trattava della prima vittoria, e così netta di Hacker, sarebbe rimasta in molti la convinzione di un errore del cronometraggio a mano.”

   Fatto sta però che questo manuale era giusto. Magra consolazione nell’economia del “fattaccio” ma per noi molto importante, a conferma del fatto che il nostro lavoro era stato fatto bene.